Francesco De Marchi
la Storia
IL CAPITANO FRANCESCO DE MARCHI
di Luigi Nicoli
Leonessa nel corso della sua plurisecolare storia ha visto transitare, sostare e dimorare nel proprio territorio diverse importanti, e tal volta eclettiche, personalità. Tra queste merita un particolare cenno Francesco De Marchi, Capitano ingegnere militare, nonché consigliere della Duchessa Margarita d'Austria (così si firmava, non Margherita), detta "La Madama".
Il De Marchi nacque a Bologna nel 1504 da una famiglia di artigiani. Fu un grande studioso autodidatta, e il suo amore per la cultura e l'ingegneria militare lo portò nel 1533 al servizio di Alessandro de' Medici, primo marito di Margarita d'Austria, figlia naturale dell'imperatore Carlo V. Nel raffinato ambiente fiorentino, il De Marchi affinò la sua formazione culturale e quella di gentiluomo, ulteriormente ampliata nel suo soggiorno quindicennale a Roma, durante il quale si occupò di urbanistica, con consulenze sull'assetto viario della città, e di arte. Partecipò a dibattiti sulle personalità artistiche più in vista della cerchia farnesiana: "Nel tempo mio ho conosciuto di gran valentuomini in Roma, e in molte altre parti d'Italia, li quali hanno sempre avuto da contrastare, o con la fortuna, o con la povertà o con gli Ignoranti, o con li Principi. Com'é stato il valente Abramante, poi quel gran Pittore Raffael d'Urbino e quel divin Michelangelo e Daniel di Volterra pittore, e Ticiano pittore tanto eccellente...".
Tuttavia, non trascurò l'architettura militare con consulenze prestate al famoso architetto Giuliano da San Gallo il giovane, per la difesa di Roma da un temuto attacco Turco.
A questo periodo "Romano" risale l'impresa - eccezionale per quei tempi -dell'immersione nel Lago di Nemi, il 15 luglio del 1535, per una ricognizione sulle navi di Caligola giacenti sul fondo. Usò degli scafandri disegnati a suo tempo da Leonardo da Vinci, collaudandone per primo la versatilità.
Stando al racconto del De Marchi le immersioni furono due: la prima durò circa mezzora e gli fu utile soprattutto per fare alcune sperimentazioni sulla propagazione del suono e sulla visibilità attraverso l'acqua; la seconda durò un'ora e gli permise di misurare le dimensioni delle navi, di rilevarne la struttura e di prelevare campioni dei materiali.
Nel 1536 il Nostro era presente a Firenze al matrimonio di Alessandro de' Medici con la giovanissima Margarita. A Gennaio 1537 il nobile fiorentino fu ucciso da suo cugino Lorenzino, e il De Marchi passò al servizio della Duchessa; la quale nel 1538 sposò a Roma Ottavio Farnese nipote di Paolo III. Come dote Carlo V concesse alla figlia, tra gli altri beni, i feudi della Montagna d'Abruzzo, dei quali faceva parte anche Leonessa. Ma Margarita ne prese possesso solo nel 1541, e proprio a quest'anno risale la prima visita della Madama - e quindi anche del De Marchi - a Leonessa. Vi torneranno per più stabili soggiorni nell'estate del 1569, di rientro dall'impegnativa trasferta nelle Fiandre, e nel 1572. Margarita con tutta la sua corte, fu ospitata per concessione papale, nel convento di San Francesco. Il De Marchi, sempre al suo seguito, da attento osservatore in merito al primo soggiorno riferisce che: "Sua Altezza sta così sana e così bella e allegra come non la si è vista molti anni sono. E tutta si da allo spirito e lavora tutto il giorno persino a tre e quattro ore della notte; mentre si fa segnatura e negozi, la non lassa di lavorare".
In questo torno di tempo il De Marchi, forse anche per rompere la monotonia della vita di paese, riprese a coltivare un suo vecchio amore: l'alpinismo e le escursioni montane. Si recò sulle montagne di Norcia "dove dicano che stanno le Sibille, sono altissime", dove raccolse notizie e leggende tra cui quella della Grotta della Sibilla.
Ma le escursioni che più ci interessano sono quelle intraprese sulle montagne di Leonessa, in particolare quella sul Monte Terminillo, che così viene descritta: "Ancora vi è un'altra Montagna in su li Monti di Leonessa nel Regno alli confini di Ariete, dove dicano che nel mezzo d'Italia è un monte che si dice Termenile, il quale è altissimo e pieno di fontane. Dove è una Fonte e in essa mi lavai le mani e in termine di quattro ore tutte si scorticarono come fa una Serpe quando la muta la pelle. Mi venne le mani in un giorno rosse come è un cremisino. Le quali non potevano soffrire di toccare cosa nessuna, se non certi oli e latte tiepido".
Proseguendo la sua descrizione dell'ascensione al Terminillo il De Marchi riferisce di aver raccolto alcune "particolari" erbe: "Io pigliai herba Lunaria, Herba Stella, Sassofraglia, palma Christi, Capillo Venere, Tasso Barbassa, Herba Taurella, et Solaria et Lunaria, et altre infinite erbe delle quali dicano cose assai".
Questo è un passo estremamente importante poiché rivela una profonda conoscenza delle erbe medicinali e magico-alchemiche, come: la Lunaria alla quale veniva attribuito il potere di conferire a chiunque una forza e una vitalità eccezionali; l'erba Stella, significativamente chiamata anche Alchemilla; l'erba Solaria e la palma Christi, citate in alcuni trattati di alchimia del Rinascimento.
Il De Marchi non si accontentò di scalare il Terminillo; aveva in mente, infatti, già da diversi anni un'altra assai più significativa ascensione, che lo farà passare agli annali della storia dell'alpinismo: quella del Corno Grande del Gran Sasso (2900 m), la più alta cima dell'Appennino, ai suoi tempi ancora inviolata. Nell'impresa fu accompagnato dal milanese Cesare Schiafinato, da Diomede dell'Aquila, dalla guida Francesco Di Domenico, cacciatore di camosci, reclutata ad Assergi, e dai fratelli Simone e Giovanpietro di Giulio ingaggiati come portatori. La spedizione raggiunse la Vetta il 20 agosto del 1573, dopo cinque ore e un quarto di cammino.
In merito all'impresa, portata a termine alla veneranda età di 69 anni, così ebbe a scrivere il Nostro: "Il detto Monte erano trenta du' anni che io desiderava montarci sopra per levare le dispute dell'altezza di altri monti".
Questa fu l'ultima impresa del Capitano bolognese che si spense all'Aquila, tre anni dopo, il 15 febbraio del 1576.
A conclusione di questo scritto possiamo dire che Francesco De Marchi, con la vastità dei sui orizzonti e di interessi, con il suo ampio bagaglio di conoscenze, anche esoteriche, con il suo spiccato spirito d'avventura, fu una personalità tipicamente Rinascimentale. Un personaggio che ha amato le nostre montagne e che Leonessa è fiera di aver ospitato. Un modo originale di ricordarlo, e di farlo conoscere, è stato quello di aver inserito la figura del De Marchi tra i vari personaggi della Corte Margaritiana del Corteo storico-allegorico del Palio del Velluto.
AA.VV. Atti del convegno storico su Margherita d'Austria, Cittaducale RI 2003.
Libro del Camerlengo, anni 1538-1546, Archivio Comunale di Leonessa.
A. Di Nicola, Lanaioli, imprenditori.. nella Leonessa del '500, Leonessa 1986
G. Chiaretti: Numero speciale gemellaggio Leonessa-Gonesse, 1978
Luigi Nicoli, Anavio Pendenza: Leonessa: la città di San Giuseppe, Leonessa 2006.
P. Cultrera, I Camerlenghi di Leonessa, leonessa e il suo Santo, 2002.
Il De Marchi nacque a Bologna nel 1504 da una famiglia di artigiani. Fu un grande studioso autodidatta, e il suo amore per la cultura e l'ingegneria militare lo portò nel 1533 al servizio di Alessandro de' Medici, primo marito di Margarita d'Austria, figlia naturale dell'imperatore Carlo V. Nel raffinato ambiente fiorentino, il De Marchi affinò la sua formazione culturale e quella di gentiluomo, ulteriormente ampliata nel suo soggiorno quindicennale a Roma, durante il quale si occupò di urbanistica, con consulenze sull'assetto viario della città, e di arte. Partecipò a dibattiti sulle personalità artistiche più in vista della cerchia farnesiana: "Nel tempo mio ho conosciuto di gran valentuomini in Roma, e in molte altre parti d'Italia, li quali hanno sempre avuto da contrastare, o con la fortuna, o con la povertà o con gli Ignoranti, o con li Principi. Com'é stato il valente Abramante, poi quel gran Pittore Raffael d'Urbino e quel divin Michelangelo e Daniel di Volterra pittore, e Ticiano pittore tanto eccellente...".
Tuttavia, non trascurò l'architettura militare con consulenze prestate al famoso architetto Giuliano da San Gallo il giovane, per la difesa di Roma da un temuto attacco Turco.
A questo periodo "Romano" risale l'impresa - eccezionale per quei tempi -dell'immersione nel Lago di Nemi, il 15 luglio del 1535, per una ricognizione sulle navi di Caligola giacenti sul fondo. Usò degli scafandri disegnati a suo tempo da Leonardo da Vinci, collaudandone per primo la versatilità.
Stando al racconto del De Marchi le immersioni furono due: la prima durò circa mezzora e gli fu utile soprattutto per fare alcune sperimentazioni sulla propagazione del suono e sulla visibilità attraverso l'acqua; la seconda durò un'ora e gli permise di misurare le dimensioni delle navi, di rilevarne la struttura e di prelevare campioni dei materiali.
Nel 1536 il Nostro era presente a Firenze al matrimonio di Alessandro de' Medici con la giovanissima Margarita. A Gennaio 1537 il nobile fiorentino fu ucciso da suo cugino Lorenzino, e il De Marchi passò al servizio della Duchessa; la quale nel 1538 sposò a Roma Ottavio Farnese nipote di Paolo III. Come dote Carlo V concesse alla figlia, tra gli altri beni, i feudi della Montagna d'Abruzzo, dei quali faceva parte anche Leonessa. Ma Margarita ne prese possesso solo nel 1541, e proprio a quest'anno risale la prima visita della Madama - e quindi anche del De Marchi - a Leonessa. Vi torneranno per più stabili soggiorni nell'estate del 1569, di rientro dall'impegnativa trasferta nelle Fiandre, e nel 1572. Margarita con tutta la sua corte, fu ospitata per concessione papale, nel convento di San Francesco. Il De Marchi, sempre al suo seguito, da attento osservatore in merito al primo soggiorno riferisce che: "Sua Altezza sta così sana e così bella e allegra come non la si è vista molti anni sono. E tutta si da allo spirito e lavora tutto il giorno persino a tre e quattro ore della notte; mentre si fa segnatura e negozi, la non lassa di lavorare".
In questo torno di tempo il De Marchi, forse anche per rompere la monotonia della vita di paese, riprese a coltivare un suo vecchio amore: l'alpinismo e le escursioni montane. Si recò sulle montagne di Norcia "dove dicano che stanno le Sibille, sono altissime", dove raccolse notizie e leggende tra cui quella della Grotta della Sibilla.
Ma le escursioni che più ci interessano sono quelle intraprese sulle montagne di Leonessa, in particolare quella sul Monte Terminillo, che così viene descritta: "Ancora vi è un'altra Montagna in su li Monti di Leonessa nel Regno alli confini di Ariete, dove dicano che nel mezzo d'Italia è un monte che si dice Termenile, il quale è altissimo e pieno di fontane. Dove è una Fonte e in essa mi lavai le mani e in termine di quattro ore tutte si scorticarono come fa una Serpe quando la muta la pelle. Mi venne le mani in un giorno rosse come è un cremisino. Le quali non potevano soffrire di toccare cosa nessuna, se non certi oli e latte tiepido".
Proseguendo la sua descrizione dell'ascensione al Terminillo il De Marchi riferisce di aver raccolto alcune "particolari" erbe: "Io pigliai herba Lunaria, Herba Stella, Sassofraglia, palma Christi, Capillo Venere, Tasso Barbassa, Herba Taurella, et Solaria et Lunaria, et altre infinite erbe delle quali dicano cose assai".
Questo è un passo estremamente importante poiché rivela una profonda conoscenza delle erbe medicinali e magico-alchemiche, come: la Lunaria alla quale veniva attribuito il potere di conferire a chiunque una forza e una vitalità eccezionali; l'erba Stella, significativamente chiamata anche Alchemilla; l'erba Solaria e la palma Christi, citate in alcuni trattati di alchimia del Rinascimento.
Il De Marchi non si accontentò di scalare il Terminillo; aveva in mente, infatti, già da diversi anni un'altra assai più significativa ascensione, che lo farà passare agli annali della storia dell'alpinismo: quella del Corno Grande del Gran Sasso (2900 m), la più alta cima dell'Appennino, ai suoi tempi ancora inviolata. Nell'impresa fu accompagnato dal milanese Cesare Schiafinato, da Diomede dell'Aquila, dalla guida Francesco Di Domenico, cacciatore di camosci, reclutata ad Assergi, e dai fratelli Simone e Giovanpietro di Giulio ingaggiati come portatori. La spedizione raggiunse la Vetta il 20 agosto del 1573, dopo cinque ore e un quarto di cammino.
In merito all'impresa, portata a termine alla veneranda età di 69 anni, così ebbe a scrivere il Nostro: "Il detto Monte erano trenta du' anni che io desiderava montarci sopra per levare le dispute dell'altezza di altri monti".
Questa fu l'ultima impresa del Capitano bolognese che si spense all'Aquila, tre anni dopo, il 15 febbraio del 1576.
A conclusione di questo scritto possiamo dire che Francesco De Marchi, con la vastità dei sui orizzonti e di interessi, con il suo ampio bagaglio di conoscenze, anche esoteriche, con il suo spiccato spirito d'avventura, fu una personalità tipicamente Rinascimentale. Un personaggio che ha amato le nostre montagne e che Leonessa è fiera di aver ospitato. Un modo originale di ricordarlo, e di farlo conoscere, è stato quello di aver inserito la figura del De Marchi tra i vari personaggi della Corte Margaritiana del Corteo storico-allegorico del Palio del Velluto.
AA.VV. Atti del convegno storico su Margherita d'Austria, Cittaducale RI 2003.
Libro del Camerlengo, anni 1538-1546, Archivio Comunale di Leonessa.
A. Di Nicola, Lanaioli, imprenditori.. nella Leonessa del '500, Leonessa 1986
G. Chiaretti: Numero speciale gemellaggio Leonessa-Gonesse, 1978
Luigi Nicoli, Anavio Pendenza: Leonessa: la città di San Giuseppe, Leonessa 2006.
P. Cultrera, I Camerlenghi di Leonessa, leonessa e il suo Santo, 2002.